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I pensionati con due milioni diffidano di gestori e consulenti

a cura di Marco Liera

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19 luglio 2008

Siamo due pensionati sessantenni e nel corso degli anni abbiamo posseduto fondi di investimento dai quali siamo poi usciti, quasi sempre perdenti, e non abbiamo molta fiducia nei consulenti vari che si occupano di gestioni patrimoniali. Pertanto, senza lode e senza infamia, operiamo da soli. Oggi ci sembra più che mai difficile prendere delle decisioni, forse siamo diventati troppo pessimisti! Possediamo due immobili di proprietà di cui uno di prima abitazione e una seconda casa che non produce reddito; un reddito netto da pensione di circa 70mila euro all'anno e liquidità per circa due milioni investita per il 17% in blue chips ed Etf, 75% in titoli di Stato a brevissimo termine e il restante in obbligazioni corporate con scadenza variabile tra il 2012 e il 2029. Non prevediamo spese importanti a breve. Vorremmo mantenere l'attuale potere d'acquisto e utilizzare una parte degli interessi per viaggi.
A.e C.S. - (Firenze)


Credo che la vostra ripartizione strategica del portafoglio (asset allocation) sia congruente con la vostra tolleranza alle perdite e ai vostri obiettivi di investimento. Non so come siano state selezionate le azioni, gli Etf azionari e le obbligazioni societarie, né quale sia il grado di diversificazione; mi auguro che nel tempo vi siate dotati di metodi solidi di scelta dei titoli da inserire in portafoglio, vista la decisione che avete preso di non delegare questa attività a gestori e consulenti.
Una decisione che vi ha portato a risultati che voi definite «senza infamia e senza lode». È da sottolineare come nella vostra percezione sia difficile per i professionisti del risparmio gestito poter "fare meglio" di questo. Sarà per sfortuna o per altro, ma non siete certo gli unici investitori da due milioni di euro o giù di lì a non essere riusciti a trovare una valida assistenza per la gestione dei vostri non trascurabili risparmi. Il che è un po' sorprendente, vista l'attenzione che piccole e grandi banche e reti di promotori dichiarano di riservare a clienti «privati» come voi.
Però quando affermate che oggi vi sembra «più che mai difficile prendere delle decisioni», tradite un po' dell'insicurezza tipica di chi si trova ad affrontare in solitudine i mercati in tempesta. Credo che al di là della consulenza iniziale, il vero corrispettivo dei costi del risparmio gestito debba ritrovarsi proprio nell'assistere i clienti nelle fasi come quella attuale, nel rassicurarli rispetto alla validità delle scelte strategiche condivise. Purtroppo è vero che diversi intermediari, soprattutto tra le banche tradizionali, incassano laute commissioni di gestione ed erogano scarsa o nulla assistenza continuativa in cambio (ed è per questo che i fondi comuni, il cui mantenimento in portafoglio richiede questo tipo di servizio, continuano a subìre riscatti). Ci sono invece alcune reti, soprattutto tra quelle specializzate nel risparmio, che riescono ad adempiere a questa funzione. Bisogna tenere conto tuttavia che, indipendentemente dall'andamento dei mercati, nessuna rete potrà mai erogare un'assistenza continuativa accettabile (e quindi giustificare i costi relativi) in presenza di una sotto performance persistente dei fondi e delle gestioni distribuite rispetto ai rispettivi benchmark (o rendimenti assoluti persistentemente negativi quando il benchmark non è previsto).
Forse questo è stato il problema che voi avete avvertito di più nell'esperienza deludente con il risparmio gestito. Soprattutto in questo caso, la scelta di fare da soli mi pare del tutto legittima, a condizione di dotarsi di una preparazione non indifferente, e di riuscire ad affrontare, in assenza di un conforto esterno, la volatilità tipica delle attività rischiose eventualmente inserite in portafoglio. Ciò presuppone inoltre la capacità di costruirsi da sè un portafoglio che rispetti la personale avversione alle perdite (quindi, all'occorrenza, senza alcuna attività rischiosa). Il tutto, tenendo ben presente che: esiste una avversione alle perdite su una singola asset class che è distinta da quella che riguarda l'intero portafoglio. In altre parole, voi dovreste accertare se sia ancora tollerabile che la vostra ricchezza mobiliare si sia ridotta per esempio del 3% da inizio anno per via dei rovesci borsistici mitigati dalla componente obbligazionaria, e separatamente verificare se sia psicologicamente accettabile che la singola asset azionaria abbia perso il 25%; la tolleranza alle perdite non è fissa, ma purtroppo mutevole nel tempo. Oggi, dopo la crisi dei mutui subprime, si trovano in giro molte meno persone disposte a investire in Borse rispetto al marzo 2000.

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